Il cigolio continua a trapanarmi il cervello, ma vado avanti. Continuo imperterrita.
Le deboli gambe provano a flettersi nella speranza di ottenere una maggior spinta.
Le mani sono saldamente ancorate alle catene. Dondolo. E non mi fermo. Non ho intenzione di fermarmi. Salgo in aria, quasi volo, e vedo il Tevere lì davanti. Scorre placido, silenzioso. Timidamente bagna questo nuovo giorno. L’aria fresca penetra attraverso le narici e arrivi ai polmoni, vedo una mamma uscire di corsa da un portone. Stringe a sè suo figlio, non avrà più di un anno. Mia madre non mi ha mai stretta a sé, se n’è sempre preoccupato mio padre.
Le lunghe camminate dentro Roma, alla scoperta di un angolo ancora nascosto di Villa Borghese o di un anfratto inesplorato di Trastevere. Ogni giorno scoprivo qualcosa di nuovo e mi sentivo meno sola, imparavo ad apprezzare la vita e a sorriderle. Cesellavo quotidianamente un pezzetto di emozioni. E’ arrivato il momento di scendere, mio padre mi sorride e ancora una volta mi aiuta a sedermi. Insieme riprendiamo a camminare. Io e lui. Ancora una volta.
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