4.5.10

[RECE] Il Santopremier - Parte 2



Tempo fa avevo postato una prima recensione della graphic novel (posso usarlo il termine, vero?) scritta e disegnata da Marco, quanto segue è un articolo apparso sull'ultimo numero di Comic Soon (in occasione del Comicon) e visto che è finito il periodo di "embargo" la posto anche qui.



Dicono che il mantra per la felicità (eterna?) si celi dietro lʼacquisto de “Il Santopremier”, bene, a scanso di equivoci —e per levarsi subito il dente— è bene mettere subito in chiaro che la graphic novel (nonostante la distinzione tra ʻfumettoʼ e ʻgraphic novelʼ serva più che altro a creare discussioni da salotto che altro, ma in questo caso mi sembrava il termine più corretto possibile) di Marco Galli non vi renderà per niente felici e contenti. Non cʼè nessun finale che omaggia i fratelli Grimm, nessuna principessa da salvare e nessun regno incantato. Beʼ a dire il vero ci sono tutte queste cose, ma Galli ne scombussola gli equilibri in una mistura agrodolce, molto meno dolce in realtà, al punto tale da non capire se ogni risvolto della trama si possa, immediatamente, considerare positivo o negativo. Probabilmente sorriderete, forse riderete anche in un paio di passaggi, ma in linea di massima vi porterà soltanto a riflettere. Pensare. Un crescendo di nevrosi e tensioni, di piccoli tasselli allʼapparenza sconnessi tra loro e che finiscono invece per incastrarsi (quasi) alla perfezione nelle ultime pagine. Blue Valentine, si proprio come il noto pezzo Jazz (ripreso anche in forma di spartito sulla quarta di copertina), è una spia paranoica, affetta da manie ossessivo-compulsive, che decide di compiere una missione autonomamente dal volere dei suoi superiori —parafrasando, il caso è analogo a quello che si presenta davanti agli occhi del Jams Bond incarnato da Timothy Dalton in “007 - Vendetta privata”— pur di scoprire chi sia il futuro assassino del Santopremier, lʼuomo che è riuscito a riunire sotto un solo vessillo le due maggiori religioni monoteiste e ad avere un controllo sia spirituale che temporale su buona parte della terra. E Blue Valentine si ritrova invischiato in un mondo costruito su gatti antropomorfi, antichi demoni africani, rockstar capricciose e infermiere fin troppo giunoniche e trascurate perché possano celare un minimo di sensualità. “Il Santopremier” è una cavalcata che ripercorre, sullʼonda di un entusiasmo il più cinico possibile, il secolo appena trascorso. Dallʼallunaggio (lʼUomo Santo qui promette la colonizzazione di Marte) più volte criticato come mai avvenuto (si veda anche “Capricorn One” per un fulgido esempio di critica estemporanea) e Galli ʻimpiastricciaʼ nella vignetta un fonico intento a reggere una giraffa con scarsa disinvoltura, allʼemancipazione sessuale (lʼesercito dei Trans dai fianchi larghi e la cresta da punk si rivela unʼottima trovata), passando per i rimandi alla Guerra Fredda. Tralasciando eventuali riferimenti allʼattuale situazione politica, non solo italiana, ma anche globale, nonostante non manchi di ridicolizzare diversi estremismi politici —come i compagni comunisti unanimente connessi in un pensiero unitario, fondato su rigidi ideali per cui basterebbe una rapida incertezza per ucciderli tutti, o i gatti della jihad imbottiti di esplosivi. Cʼè forse un rimando di fondo —che permea la critica de “Il Santopremier”— ravvisabile nel rimpianto dei ʻbei tempiʼ del cinegiornale, quando lʼinformazione era minima ed estremamente pilotata, poi è arrivato Marshall Macluhan e la sua teoria del “Villaggio Globale” a decostruire un mosaico costruito su perfette macchinazioni edificate basandosi su calcoli infinitesimali. Come ogni opera che si rispetti anche questa non è esente da difetti, sia a livello stilistico che narrativo. Se le vignette, tinteggiate a suon di fondi di caffè (almeno allʼapparenza), hanno un loro perché, con uno stile riconoscibilissimo e gradevole quanto inquietante, la storia risulta leggermente macchinosa in alcuni punti e forse troppo figlia dello stesso Burroughs citato dallʼautore nella prefazione (ci sono diversi richiami anche alla trasposizione cinematografica de “Il pasto nudo” ad opera di David Cronenberg) e la scelta di sovrapporre foto e disegni pare stonare con tutto il resto, nonostante le tonalità seppia a richiamarne lo stile. Cosa invece funziona perfettamente è la commistione tra testo scritto e vignette, che coinvolgono a pieno il lettore. In coclusione “Il Santopremier” si rivela un esperimento riuscito in buona parte e un ottimo esordio per un autore completo di cui si attende il prossimo passo. 

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