6.5.10

Lonely Hearts




Che cosa stringi tra le mani?

Il mio cuore.

E perché ne mangi come se fosse un frutto proibito?

Perché, non dovrei? Mi appartiene. È mio.

Che sapore ha?

Di amarezza, gioia e dolore. Di vita. Che pulsa, sbatte, rimbomba.
Dovresti provarlo, assaporarne ogni venatura, come se il frutto
dei tuoi lombi stesse per esploderti in gola dopo ore di sfrenata passione.

Pare strano, si muove. Trema.

Trema, dici, ma hai mai visto un uomo non tremare di fronte alla mietitrice?
Hai mai visto una gazzella rimanere impassibile di fronte all'assalto di un leone?
Hai mai, lontanamente, pensato a cosa si possa provare nel momento del
trapasso?

No, non ci ho mai pensato. Non ho mai pensato di farlo. Non ho mai fatto altro
che gesticolare a vuoto, provando a ghermire l'aria. Dando tutto per scontato.

E non vedi, allora, le mie lacrime sgorgare?
Non vedi che anche io tremo? Sono frutto della carne, proprio come te.
E, diversamente da te, ho smesso di ghermire l'aria.

E allora, cosa c'è che non va? Cosa ti tormenta?

Il crollo di tutte le mie certezze. Immaginavo un mondo migliore, vero, sincero.
Profondo. Invece non ho trovato niente di tutto ciò. Solo un'impassibile sfera vuota. Come se fossi un feto in attesa di una nascita che mai avverrà.

Non piangere, non serve.

E che dovrei fare? Sorridere forse?

Non ti riesce proprio, vero? Sforzati almeno.

Poi tutto il resto viene da se, giusto?

Tutto cosa? Intendi il vivere o il saper vivere?

Tutto.

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