Un bicchiere

Lei sogna di essere un soldato, sogni lugubri, irrealizzabili.

Costruiti su fallaci illusioni, intromissioni dell'animo nella quotidianità.

Lei guarda attentamente ogni risvolto pratico di quella teoria che tante volte aveva sottovalutato.

Il porto, una banchina e tre sigarette da assaporare lentamente, quasi come la salsedine di primo mattino, quando i pescatori sono ancora fuori a tirar le reti e le famiglie, quelle felici e soltanto quelle, non hanno ancora deciso se sia il caso di scendere in spiaggia o meno.

Ogni boccata è un attimo che se ne va, svanisce.

Ogni millimetro di sigaretta è un ricordo che viene meno.

Si stringe da sola, mimando un abbraccio che nessuno le darebbe mai, perché nessuno ha mai trovato il coraggio di farlo.

Le manca la sua terra, la sua casa, i suoi affetti, le sigarette rubate di nascosto a quel nonno troppo assonnato per rendersi conto che sua nipote, all'età di dodici anni, abbia bisogno di una sigaretta per sperimentare.

Droga.

Amicizia, si la droga le ha fatto trovare tanti amici. Black bombay, Burbuka, Charas, nomi esotici, di tempi lontani. Andati.

In cui illudersi che ogni cosa fosse possibile, quasi come i camionisti e le loro manie di persecuzione dal nome astratto. Splendido splendente, Gatto selvaggio, Vladimir, anche se Vladimir tanto astratto non è.

Non si guarda indietro, tocca il seno con la mano sinistra, con la destra sarebbe fin troppo scaramantico e guarda il sole tramontare dietro al mare, nascondersi nel suo rossore. Infine alza nuovamente la gonna, toglie il cappotto e mostra delle spalle quasi perfette, candide, e inizia a sorridere, quasi come fosse la prima volta. E' iniziata un'altra notte di lavoro. L'ennesima.