1.2.10

Quando eravamo re



Alzi lo sguardo al cielo, ma non per il desiderio di volare, quanto più che altro perché ne senti la necessità. Perché ti piace sperare. Credere. Senti il rumore di un aereo sopra la tua testa, qui volano quasi sempre ad altezza uomo. Per così dire. E non puoi fare a meno di ignorarli. Alzi lo sguardo al cielo, ancora una volta, stai cadendo e l'unica cosa che ti viene in mente di fare è guarda verso l'alto, sperando in un qualche intervento di un deus ex machina. Magari iniziare a credere in un dio obsoleto e inconsistente.
Alzi lo sguardo al cielo, gli occhi si annebbiano e le forze vengono meno. Le cataratte diventano vitree, i suoni ovattati, un’atrofia muscolare che non ti permette di muoverti, il battito cardiaco rallenta, i timpani traballano e come un tamburo che suona a ritmo di guerra il sangue pompa nelle tue vene. Maledici il giorno in cui sono nato. Perché è dal giorno seguente che hai iniziato a sentirti male. Maledici il giorno in cui hai preso coscienza di te, perché è da quello seguente che hai potuto realizzare a chi dare la colpa per tutto ciò. Poi cadi. E più nulla. Le gambe lentamente si risvegliano dal loro stato di torpore, l'animo è ancora indebolito, il corpo freme dalla voglia di rimettersi in gioco, ma la mente sa che prima di dieci minuti non ti sarà possibile. E ripensi a quella sigaretta in meno che avresti potuto fumare, a quella volta in cui avresti potuto mangiare un po’ di più invece di convincerti che cinque chili in meno ti avrebbero fatto apparire più simpatico. 
Attriti irregolari tendono i muscoli delle braccia, poco a poco la sensazione di un letargo anticipato si fa strada nella tua mente. Tutti rimangono a guardare, nessuno che si mobiliti per aiutarti. Il tonfo è sordo, come un colpo sparato attraverso un cuscino, produci giusto il rumore minimo necessario ad essere calcolato dalla scala Decibel. Vorresti gridare, ma l'unico suono che le corde vocali producono è uno spasmo incomprensibile. Ci provi ancora. E ancora. Fino a quando non senti il fuoco arderti in gola, e allora smetti, ma solo per un istante, perché se ti arrendi sai che sarà la tua fine. E vorresti tanto essere un dannato supereroe, essere parte di un fumetto, non avere a che fare con il quotidiano fatto di amarezze e indecisioni, di costanti ricadute, di incertezze. Vorresti tanto essere Batman, lui non ha problemi. Mai. Tutta una finzione costruita ad arte. Guardi in alto. E questa volta le parole ti escono di bocca. E proprio ora non c'è nessuno disposto ad ascoltare ciò che hai da dire. Rabbia, paura, incomprensione, incertezza. Tutto fa parte di uno schema ben definito volto ad avvilirti, annichilirti. E sai, con matematica certezza, che non sarà l'ultima volta. Poi, finalmente, le forze tornano. Ti rialzi.  Un nuovo giorno si affaccia all’orizzonte, sei pronto a ricominciare da capo. In un cerchio eterno.

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