16.12.09

Mille volte mille





Era un uomo come tanti altri, né più né meno.
Era il suo ultimo giorno di lavoro, poi L'uomo delle colonne sonore sarebbe potuto andare in pensione. Meritatamente, dopo oltre settant’anni di onorato servizio.

Era sovrappeso, e questo non gli andava a genio. Stava iniziando a perdere i capelli, e neanche questo gli andava molto a genio. Ringraziava il signore per averlo fatto smettere di fumare quando era ancora un giovane sbarbato, altrimenti avrebbe avuto anche il fiatone.
Però, da lì a poche ore, sarebbe andato in pensione e questo lo rendeva, invece, parecchio contento. Soddisfatto, come un bambino messo di fronte ad un vasetto di Nutella. 
Avanzava a tentoni nel buio del retrobottega, ma non mancava mai di ancheggiare come suo solito e di fischiettare prima un jingle e poi un altro, consapevole che nessuno sarebbe venuto a fargli visita quel giorno. Come era successo per tutti gli altri giorni.

Fu durante l'ultima ora di lavoro, invece, che entrò in negozio una cliente.
Si presentò, disse di essere La regina delle celebrità.
Per un attimo L'uomo delle colonne sonore ripensò a quella canzone che tante volte gli era riechegiata nella sua testa minuta, il nome era quasi lo stesso della donna nella canzone, ma lei non sembrava affatto magnifica e senza una età, era anzi piuttosto bassina. Con dei lunghi capelli neri, leggermente mossi, e due seni minuti, che in una coppa di champagne ce ne sarebbero stati comodamente quattro, capezzoli compresi. 

Aveva, poi, dei fianchi striminziti, quasi inesistenti. Un vitino da palo di scopa, più che da vespa, pensò lui.
E degli occhi, color nocciola che da lui non distoglievano mai lo sguardo.
Furono attimi interminabili per entrambi, poi lui la baciò, come mai aveva fatto prima in vita sua. E fu subito amore.

Lui chiuse per bene la porta del negozio affiggendovi un cartello con scritto “Chiuso per cessata attività”, lei telefonò al suo agente comunicandogli che non avrebbe voluto più sentirlo a vita (dicono si sentì un tonfo dall’altro capo dell’apparecchio). E insieme si incamminarono, come nelle migliori storie, verso una ridente casa nella tiepida campagna.
Dove trascorserò giorni dolci e notti di fuoco.

Non vissero felici e contenti, non per molto almeno.
Lui, spossato dalla monotonia della vita da pensionato, tornò dopo un paio di mesi a lavorare e lei, che in vita sua non aveva mai fatto vita da casalinga, vedendosi ingrassare a dismisura e priva delle attenzioni di migliaia di occhi digitali puntati su di lei, prese nuovamente a calcare i palcoscenici e le passerelle di tutto il mondo.

Si incontrarono nuovamente un paio di anni più tardi, una sera di Dicembre, faceva freddo ed erano entrambi senza cappotto, ma decisero ugualmente di tenersi a debita di stanza l’uno dall’altro.

Un semplice “Ciao”, freddo e insicuro, e si incamminarono in direzioni divergenti.

1 Commenti:

Unknown ha detto...

Mi mette angoscia,mi sembra quasi di riconoscermi nel protagonista. Giuro che quando andrò in pensione sarà per sempre.
Comunque penso che 70 anni di lavoro siano effettivamente troppi te lo dice uno a cui il lavoro ( purtroppo ) piace.
Alla prossima

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